“Siamo un team”.
Parola di Staffan De Mistura, sottosegretario italiano agli Affari Esteri, a Marco Ventura del Messaggero.
Il team sarebbe costituito, oltre che da De Mistura, dai due poveri marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, nonché dall’ambasciatore italiano a Nuova Delhi Daniele Mancini, per togliere il quale dalle grane i due sono stati rispediti in India.
Divisione dei compiti del “team”: Latorre e Girone in attesa di un processo che potrebbe concludersi con la loro condanna a morte. De Mistura e Mancini a cercare di non commettere errori più gravi di quanti ne abbiano inanellati il Ministero per cui lavorano e loro stessi.
“Ogni sera facciamo il punto”, dice De Mistura.
Bastano solo queste parole a seppellire di ridicolo il sottosegretario e il suo ministro.
La vicenda coinvolge onore nazionale, quel poco che ci resta dopo decenni di autodenigrazioni, Mussolini, Badoglio, guerre perse e secoli ancora da clown ben prima di Berlusconi e Beppe Grillo; affari per miliardi, la vita di due nostri militari e tante altre cose ancora.
A chi è stata messa nelle mani? Leggiamo su Wikipedia: nobile, diventato cittadino onorario italiano nel 2000, all’età di 53 anni, essendo nato a Stoccolma nel 1947 da padre italiano dalmata e madre svedese. A Roma ha fatto il liceo, per il resto della sua vita ha vissuto all’estero lavorando per l’Onu. Grande esperienza diplomatica: a volte però ci sono dei casi in cui la diplomazia non è tutto, ci vuole una capacità di gioco duro, oltre che una convinzione, un forte senso di appartenenza.
Come è stata condotta la vicenda dei marò? A leggere i giornali, di destra come di sinistra, il giudizio non è esaltante. I militari hanno parlato di farsa.
Quella del team è da Oscar.